Inaugurata il 25 ottobre 2012 a Bargino, nel cuore del Chianti Classico, la nuova Cantina Antinori, firmata dello studio Archea Associati, valorizza il paesaggio e il territorio circostante quale espressione dei valori culturali e sociali del luogo di produzione del vino.
Il progetto incentrato sulla sperimentazione geo-morfologica di un manufatto industriale concepito come espressione della simbiosi tra cultura antropica, l’opera dell’uomo, e ambiente di lavoro e naturale.
La costruzione della cantina è incentrata sul radicamento con la terra, una relazione tanto esasperata e sofferta (anche in termini di investimento economico) da condurre l’immagine architettonica a nascondersi e con-fondersi in essa. Pertanto il progetto integra il costruito al paesaggio agreste dove il complesso industriale è dissimulato attraverso la realizzazione di una copertura che definisce un nuovo piano di campagna coltivato a vigneto e disegnato da due tagli orizzontali che permettono l’ingresso della luce e l’inquadratura del paesaggio.
La facciata, per usare una categoria propria degli edifici, è quindi distesa orizzontalmente sul pendio naturale scandito dai filari delle viti che ne costituiscono, con la terra, il sistema di “rivestimento”. Le aperture-fenditure svelano, senza evidenziarlo, l’interno ipogeo: lungo quella più bassa sono distribuiti gli spazi uffici e le aree espositive, mentre su quella superiore si aprono le zone di imbottigliamento e immagazzinamento. Il cuore della cantina, dove il vino matura nelle barriques, nell’oscurità mediamente diffusa degli interni e nella ondulata sequenza dei soffitti voltati in terracotta, mostra la dimensione sacrale dei suoi spazi nascosti come migliore opportunità per le più idonee condizioni termo-igrometriche dell'intero processo realizzativo dei prodotti.
La lettura dell’edificio evidenzia la sua articolazione altimetrica, che segue il percorso produttivo discendente (per gravità) delle uve, sin dal loro arrivo, ai tini di fermentazione fino alla barriccaia interrata; un percorso che risulta inverso a quello intrapreso dal visitatore, il quale, dai parcheggi risale alla cantina e ai vigneti, attraversando le zone produttive ed espositive. Queste ultime vanno dal frantoio, alla vinsanteria, al ristorante, fino al piano che ospita l’auditorium, il museo, la biblioteca, le sale di degustazione e la aree di vendita diretta. Gli uffici, le parti amministrative e direzionali, che stanno al piano superiore, risultano scandite da corti interne che prendono luce attraverso grandi fori circolari nel cosiddetto "vigneto di copertura", sistema atto a portare luce fino alla foresteria, la casa del custode. I materiali e le tecnologie evocano la tradizione locale dando evidente espressione al tema della natura, sia nell’uso della terracotta, sia nell’opportunità di utilizzare l’energia naturalmente prodotta dalla terra per raffrescare e coibentare la cantina, le cui condizioni climatiche, necessarie alla produzione del vino, vi si generano in modo semplicee del tutto spontaneo.
Il progetto incentrato sulla sperimentazione geo-morfologica di un manufatto industriale concepito come espressione della simbiosi tra cultura antropica, l’opera dell’uomo, e ambiente di lavoro e naturale.
La costruzione della cantina è incentrata sul radicamento con la terra, una relazione tanto esasperata e sofferta (anche in termini di investimento economico) da condurre l’immagine architettonica a nascondersi e con-fondersi in essa. Pertanto il progetto integra il costruito al paesaggio agreste dove il complesso industriale è dissimulato attraverso la realizzazione di una copertura che definisce un nuovo piano di campagna coltivato a vigneto e disegnato da due tagli orizzontali che permettono l’ingresso della luce e l’inquadratura del paesaggio.
La facciata, per usare una categoria propria degli edifici, è quindi distesa orizzontalmente sul pendio naturale scandito dai filari delle viti che ne costituiscono, con la terra, il sistema di “rivestimento”. Le aperture-fenditure svelano, senza evidenziarlo, l’interno ipogeo: lungo quella più bassa sono distribuiti gli spazi uffici e le aree espositive, mentre su quella superiore si aprono le zone di imbottigliamento e immagazzinamento. Il cuore della cantina, dove il vino matura nelle barriques, nell’oscurità mediamente diffusa degli interni e nella ondulata sequenza dei soffitti voltati in terracotta, mostra la dimensione sacrale dei suoi spazi nascosti come migliore opportunità per le più idonee condizioni termo-igrometriche dell'intero processo realizzativo dei prodotti.
La lettura dell’edificio evidenzia la sua articolazione altimetrica, che segue il percorso produttivo discendente (per gravità) delle uve, sin dal loro arrivo, ai tini di fermentazione fino alla barriccaia interrata; un percorso che risulta inverso a quello intrapreso dal visitatore, il quale, dai parcheggi risale alla cantina e ai vigneti, attraversando le zone produttive ed espositive. Queste ultime vanno dal frantoio, alla vinsanteria, al ristorante, fino al piano che ospita l’auditorium, il museo, la biblioteca, le sale di degustazione e la aree di vendita diretta. Gli uffici, le parti amministrative e direzionali, che stanno al piano superiore, risultano scandite da corti interne che prendono luce attraverso grandi fori circolari nel cosiddetto "vigneto di copertura", sistema atto a portare luce fino alla foresteria, la casa del custode. I materiali e le tecnologie evocano la tradizione locale dando evidente espressione al tema della natura, sia nell’uso della terracotta, sia nell’opportunità di utilizzare l’energia naturalmente prodotta dalla terra per raffrescare e coibentare la cantina, le cui condizioni climatiche, necessarie alla produzione del vino, vi si generano in modo semplicee del tutto spontaneo.