In media, ogni italiano consuma 3 kg di prosciutto crudo all’anno. Gusto, salute e praticità sono la chiave di tanto successo, ma per averli garantiti è necessario saper scegliere con attenzione.
Come si fa il prosciutto crudo? Si salano le cosce di maiale e si mettono a stagionare. Più facile di così… Ma è una semplicità solo apparente: la qualità che ha reso celebre nel mondo il prosciutto italiano è il risultato di un’esperienza maturata nel corso dei secoli.
La dose giusta di sale in rapporto al peso della carne, la quantità di grasso, il tempo esatto di salatura, il controllo scrupoloso delle condizioni ambientali… sono tutti elementi determinanti e nient’affatto facili da armonizzare, per questo è sempre importante valutare con attenzione la qualità del prodotto prima di acquistarlo.
Uno sguardo attento
Il marchio DOP o IGP sulla confezione è una prima assicurazione di qualità controllata. Ma bisogna tenere presente che il marchio, se da un lato garantisce l’assenza di difetti, non è di per sé garanzia della massima qualità possibile.
La stagionatura, per esempio, incide in modo importante sulle caratteristiche del prosciutto: per quelli DOP la legge specifica il periodo minimo di stagionatura, ma le realizzazioni più pregiate, in genere, lo superano abbondantemente.
A fianco dei prosciutti DOP, in salumeria si trovano una quantità di altri prosciutti crudi diversissimi tra loro per qualità e prezzo. Uno sguardo attento è importante per la valutazione della loro bontà, e la prima cosa da osservare è il cartellino con il nome.
Da due anni a questa parte, la denominazione dei prosciutti crudi comuni è regolata dalla legge. Si può chiamare prosciutto “crudo stagionato”, solo quello ottenuto con la tecnica tradizionale, basata su salagione a secco, e stagionato (a non più di 22°C) per un tempo di produzione complessivo di almeno 7 mesi (i prosciutti più piccoli) o di 9 mesi (quelli che pesano più di 8 kg).
I prosciutti, lavorati in fretta, iniettando salamoia direttamente nelle cosce, e messi in commercio dopo maturazioni velocissime, accelerate artificialmente, si possono ancora trovare nei banchi di salumeria, ma solo con il nome generico di “prosciutto crudo”, senza alcun riferimento alla stagionatura.
Un altro accorgimento è osservare le dimensioni: i prosciutti più piccoli sono meno buoni (il prodotto migliore viene dalle cosce del maiale pesante, con una buona quantità di grasso di copertura).
Al taglio le fette non devono presentarsi appiccicose (indice di breve stagionatura) e la carne deve avere colore uniforme, compreso tra il rosa e il rosso, orlata e inframezzata da una buona quantità di grasso bianco, a garanzia della morbidezza e del sapore (non acquistare mai un prosciutto italiano il cui grasso sia ingiallito).
A volte, nei prosciutti conservati a lungo, si possono osservare sulla la superficie di taglio delle chiazzature bianche irregolari, dovute a granuli di una sostanza (la tirosina) che si forma naturalmente nella stagionatura prolungata. Non è un'alterazione, non incide sul gusto e c’è chi la considera un segno della genuinità della lavorazione.
L’aroma e il gusto
Un sapore eccessivamente salato costituisce sempre un difetto, così come l’eventuale sentore di carne cruda. Oltre che da cattiva lavorazione e insufficiente stagionatura, odori e sapori anomali possono essere causati anche dall'uso di maiali non castrati o di suini alimentati con oli vitaminici irranciditi.
Un difetto decisamente grave è la putrefazione, determinata dalla bassa qualità delle carni o da errori nella preparazione e nella maturazione. Facilmente riconoscibile quando si affetta il prodotto (se in fase sufficientemente avanzata produce colorazioni anomale, odori e alterazioni nella consistenza), la putrefazione può essere svelata anche nell’acquisto dei prosciutti interi semplicemente infilando uno stecchino nell'interno per scoprire, dall'odore che esso emana, l'eventuale alterazione della carne.
Un alimento sano
Negli ultimi dieci-quindici anni la composizione della carne di maiale è notevolmente cambiata, in meglio, grazie alle tecniche di selezione e ai progressi nell’allevamento.
Il maiale "moderno" non contiene più colesterolo del manzo o del pollo, la sua carne è più magra di un tempo ed è molto cresciuta la percentuale di grassi “buoni”, di tipo insaturo.
Il miglioramento della materia prima si riflette sulle qualità nutritive del prosciutto, salume non troppo calorico (un etto dà più o meno 230 kcal) ricco di proteine (sono il 25%), di ferro e di vitamine del gruppo B. Le proteine del prosciutto, oltre a essere di alta qualità nutrizionale, risultano anche particolarmente digeribili, grazie all’effetto positivo della stagionatura che ne comporta una parziale idrolisi (una sorta di predigestione).
Unico punto debole, tra tante virtù: il sale. In un etto di prosciutto trovi più di 2 grammi di sodio, una quantità certamente non trascurabile che impone moderazione nel consumo.
Il prosciutto crudo in Italia: prosciutto crudo di Parma, prosciutto crudo San Daniele, prosciutto crudo stagionato, crudo di Norcia, dei Nebrodi, crudo toscano
In Italia esistono molte varietà di prosciutto crudo. I più conosciuti sono sicuramente il prosciutto crudo di Parma, il prosciutto crudo San Daniele e il classico prosciutto crudo toscano. Ma girovagando per le regioni si possono assaggiare altre chicche norcine che valgono davvero la pena di essere divorate. Del prosciutto crudo Jambon de Bossesdalla Val d’Aosta abbiamo già parlato; il prosciutto crudo di Norcia in Umbria e il prosciutto crudo di Faeto in Puglia sono altri esempi buongustai; poi il prosciutto crudo di Sauris è uno dei pochi affumicati, mentre quello siciliano dei Nebrodi si ottiene da una razza nera semibrada che si nutre di ghiande e castagne; oppure il prosciutto crudo della Val Vigezzo in Piemonte, creato da suini che pascolano liberamente in alpeggio insieme alla mucche. Conoscere, degustare e dare informazioni su questi prosciutti vuol dire diffondere la cultura e la valorizzazione enogastronomica dei territori d’Italia. Prosciutto crudo di Parma: Il maiale è nato e allevato in un’area estremamente limitata che comprende il territorio della provincia di Parma posto a sud della via Emilia a distanza di almeno 5 Km. Da questa, fino ad un’altitudine di 900m, delimitato a est dal fiume Enza e a ovest dal torrente Stirone. Razza Large White Landrance e Duroc. Prosciutto crudo di Parma è un grande salume della collina e della montagna parmigiana, caratterizzato dal gusto delicato e dolce, è tenero e compatto di struttura.http://www.prosciuttodiparma.com/ Prosciutto crudo San Daniele: Le cosce devono provenire esclusivamente da maiali allevati in dieci regioni del centro-nord Italia (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria). Le cosce fresche del Prosciutto crudo San Daniele devono raggiungere rapidamente la cittadina del Friuli collinare per essere lavorate ricreando il ritmo naturale delle stagioni, con l’utilizzo del sale marino, senza l’aggiunta di additivi chimici o conservanti. Sentori resinosi che si mescolano a quelli salmastri. http://www.prosciuttosandaniele.it Prosciutto crudo di Norcia: E’ un prosciutto crudo stagionato. Per rispondere alle caratteristiche IGP deve essere prodotto nella zona che comprende i comuni di Norcia, Cascia, Preci, Poggiodomo, Monteleone di Spoleto a un’altitudine superiore ai 500 metri, in quanto le condizioni climatiche sono parte integrante del ciclo produttivo. Il periodo di stagionatura, dalla salagione alla commercializzazione non può essere inferiore a dodici mesi. Profumo tipico, leggermente speziato. Sapore sapido ma non salato.http://www.prosciuttodinorcia.com/ Prosciutto crudo di Sauris: Ottenuto esclusivamente nel comune di Sauris in Carnia, nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, la tecnica di produzione del Prosciutto crudo di Sauris Igp è legata alla tradizione delle popolazioni germaniche di lavorare e conservare, attraverso l’affumicatura, la carne e le cosce suine. È quindi un prosciutto crudo salato, affumicato e stagionato per almeno dieci mesi. A fine stagionatura il prosciutto si presenta intero con osso senza lo zampino. La consistenza è soda ed elastica. Il Prosciutto crudo di Sauris è riconoscibile anche grazie al suo particolare profumo delicato e al gusto dolce con una garbata nota di affumicato. ([email protected]) Prosciutto crudo di Faeto: Si ottiene dal maiale nero allevato a Faeto (FG), allo stato brado e secondo il metodo biologico. Una vera chicca della grande tradizione norcina italiana! Il Prosciutto crudo di Faeto è stato riconosciuto dalla Regione Puglia “Prodotto tipico Regionale”, grazie al fatto cher abbia recuperato la razza del maiale nero autoctono. Viene salato in tini di legno con sale a secco di forma rettangolare possibilmente in abete o pino; dopo la salatura i prosciutti vengono lavorati con acqua e aceto, e massaggiati; quindi la stuccatura con sale, sugna e scarto di farina. Stagionatura a 866m. Il fiume Celone creainfine l’umidità giusta per una stagionatura lenta e morbida. Colore rosso mattone con lardo roseo, sapore saporito. http://www.prosciuttofaeto.com/ Prosciutto crudo di Montagnana: Il suo nome istituzionale è Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, perché viene prodotto nella provincia di Padova. Il Prosciutto crudo di Montagnana può essere marchiato a fuoco con il Leone di San Marco e la scritta “VENETO” non prima del raggiungimento dei 12 mesi di stagionatura che possono essere portati a 14-15 per far acquisire in maniera ottimale al prosciutto tutta la sua fragranza, il suo colore rosato e la sua straordinaria dolcezza. Viene altresì definito prosciutto crudo “dolze” di Montagnana.http://www.prosciuttoveneto.it/CPV-ita.html Prosciutto crudo di Suino Nero dei Nebrodi: Viene prodotto con carne rigorosamente di Suino Nero dei Nebrodi che è una razza autoctona siciliana rustica e antichissima. All’interno del Parco dei Nebrodi questi suini neri di taglia piccola e mantello scuro, molto simili ai cinghiali sia nelle fattezze sia nelle abitudini ,vengono allevati nei boschi dei Nebrodi del Messinese allo stato semibrado e brado in ampie zone adibite a pascolo, nutrendosi di ghiande e bacche. È un Presidio Slow Food. Aroma fragrante, sapore leggermente salino. http://consorzioditutelasuinonerodeinebrodi.wordpress.com/ Prosciutto crudo di Cuneo: A fondare la nobile tradizione furono i conventi e le abbazie, che disponevano di allevamenti e locali per la trasformazione delle carni. Si utilizzano carni suine rigorosamente della zona cuneese, astigiana e torinese in Piemonte. Salagione a secco, nella quale possono intervenire grani schiacciati di pepe e una spolverata di aromi (noce moscata, alloro, rosmarino). Coloro rosso profondo, delicato al palato e tendenzialmente dolce. Perfetto in abbinamento al vino Timorasso e ai giovani rossi piemontesi.http://www.apspiemonte.com/servizi.html Prosciutto crudo della Val Vigezzo: Prodotto anch’esso in Piemonte e ottenuto con suini autoctoni della valle ai piedi del Canton Ticino svizzero. Nelle valli capita ancora che i maiali vadano in alpeggio con le mucche, condividendone il pasto al pascolo e gli avanzi di formaggio. Il coscio viene messo sotto sale con l’aggiunta di spezie quali pepe nero, noce moscata, chiodi di garofano, talvolta anche cannella, erbe di montagna e vino bianco, ma solo in inverno e all’interno di cantine naturali, senza ricorso a celle frigorifere high tech (Fonte http://www.prosciuttopedia.com). Diciotto mesi complessivi di stagionatura. Speziato e a volte affumicato. http://www.prosciuttovigezzino.it/ Prosciutto crudo toscano: I suini sono scelti solo se nati, allevati, ingrassati e macellati in toscana e nelle altre regioni del Nord e Centro Italia. Solo seguendo un preciso iter, i prosciutti potranno ottenere, dopo un anno di stagionatura, il marchio finale a fuoco del Consorzio, raffigurante la Regione Toscana. Sapore intenso, tipico della toscanità, perfetto in abbinamento a pane rigorosamente non salato e un buon bicchiere di Chianti. http://www.prosciuttotoscano.com/
Jambon De Bosses
Giovanni Galliano Brut Rosé Metodo Classico // Borgo Maragliano - Loazzolo (Asti)
Sapidità, tendenza dolce, giusta grassezza e aroma persistente, con una punta di selvatico, chiedono un Brut che vale la ricerca. Da Pinot Nero spumantizzato da produttore di nicchia dell’Alta Langa, richiama ribes, lampone, rosa canina, confetto e cipria, è di buon corpo, cremoso per fine carbonica, di impeccabile tenuta aromatica.
Prosciutto della Val D’Ossola
Langhe Nebbiolo Sorì San Lorenzo 1998 // Gaja - Barbaresco (Cuneo)
Il prosciutto è lavato con vino e un mix “segreto” di erbe aromatiche di montagna e spezie (cannella, chiodi di garofano, noce moscata), poi affumicato con ginepro e altre erbe locali. Aromi e persistenza stratosferici, sapidità mitigata dalla dolcezza del grasso. Da mitico cru, un campione di armonia, potenza ed eleganza che ne riprende ed esalta i sentori silvestri.
Prosciutto Valle Vigezzo
Alsace Riesling Grand Cru Steinert 2002 // Rieflé - Pfaffenheim (Alsace)
Ul crü ‘d Vigèzz (crudo di Vigezzo) si produce sulle Alpi Lepontine, a poca distanza dal confine svizzero. Salato in salamoia, è sottoposto a doppio processo di affumicatura, che utilizza ginepro ed erbe di montagna. Fortemente aromatico, richiede un bianco altrettanto profumato e morbido, con percettibile residuo zuccherino e lunga persistenza minerale, indotta dal suolo calcareo del più scosceso cru di Pfaffenheim.
Prosciutto di Cuneo
Colli Tortonesi Bianco Martin 2001 // Franco Maria Martinetti - Torino
Prodotto nell’intera provincia di Cuneo e in parte dell’Astigiano, utilizza pepe spaccato e aceto per inumidire il sale. Piuttosto dolce, sapido, di media grassezza, è ben bilanciato da inesauribile freschezza e mineralità di un bianco sontuoso, di insuperabile eleganza, frutto dell’incontro fra Martinetti e il guru del Timorasso Walter Massa.
Prosciutto Val Susa
Ghemme Signore di Bayard 1999 // Antichi Vigneti di Cantalupo - Ghemme (Novara)
In Alta Val Susa (TO) e Valle Gesso (CN) si usa disossare la coscia ed effettuare una cucitura forte, che permette alla cotenna di ricoprire e proteggere le parti magre. L’aria di montagna e il profumo dei boschi favoriscono la stagionatura. Da Nebbiolo oltre Sesia, un rosso di grande personalità, sontuoso e speziato, animato da spiccata freschezza.
Mocetta di Camoscio
Südtiroler Cabernet-Merlot Palestina 2001 // Weingut Lentsch - Bronzolo (Bolzano)
Anche di asino, bovino e capra, si utilizza la coscia intera o parte di essa. La valdostana Cogne è la località più legata alla “motzetta”, indispensabile per il tipico “bocon du diable”. Grasso quasi inesistente, sapore esplosivo, selvatico, che induce notevole succulenza. Rosso profumato di bacche e frutti di bosco, vagamente erbaceo, mantiene negli anni freschezza e rigore tannico.
Violino di Capra del Monregalese
Dolcetto Rossana 2003 // Ceretto - Alba (Cuneo)
Comune anche nell’Ossolano, un tempo era di camoscio o capriolo, oramai specie protette. La piccola coscia si affetta tenendola sulla spalla come un violino, impugnando il coltello a mo’ d’archetto. Dopo la salamoia con ginepro, aglio, cipolla, alloro e rosmarino, asciuga in stanze col camino e poi stagiona all’aria di montagna. Perfetto con un classico langarolo equilibrato e gagliardo, di lunga persistenza speziata.
Südtiroler Speck
Alto Adige Gewürztraminer 2001 // Colterenzio - Cornaiano (Bolzano)
La coscia disossata, con o senza fesa, è immersa in salamoia a secco con aglio, ginepro, pimento, zuccheri, eventuali additivi (nitriti e nitrati, ascorbato di sodio, glutammato). Affumicato 2-3 settimane, stagiona 4-5 mesi all’aria di montagna. Quindi è, tecnicamente, un prosciutto anche se il nome antico identifica il solo lardo salato e speziato (in latino speciatus, da cui speck). Tre le tipologie: industriale non marchiato (salamoia siringata e stanzoni per accelerare il processo), marchiato Igp, artigianale o handwerklich, assai più pregiato, reperibile quasi solo in Val Venosta: appena 26.000 baffe contro un totale di 2.500.000. Vale la ricerca se accompagnato da bianco stupendamente evoluto, minerale, perfettamente bilanciato, con una punta di miele d’acacia a ingentilirne il profilo aromatico.
Bauernschinken
Wachau Steinfeder Riesling Terrassen 2003 // Freie Weingärtner Wachau - Dürnstein (Wachau)
Alla lettera “prosciutto contadino”, non Igp ma specialità tradizionale regionale. Intero o in tranci, evidenzia delicata affumicatura, carni sapide con moderata tendenza dolce, apprezzabile persistenza gusto-olfattiva. Bianco tipico, malgrado l’annata calda esemplare della tipologia Steinfeder, leggera e approcciabile, che a un naso fruttato e floreale unisce spunti minerali da terrazzamenti danubiani ricchi in quarzo e feldspati.
Prosciutto Veneto Berico-Euganeo
Prosecco di Conegliano Extra Dry 2006 // Collalbrigo - Conegliano (Treviso)
“Variegato di dolci vene di grasso, diventa condimento delle mense dei ricchi, a cubettini minuti nel risi e bisi del pasto dogale il giorno di San Marco…” scriveva Bepo Maffioli. Specialissimo ingrediente culinario, e non solo: truciolato a coltello coi “boslà” (pane buccellato a ciambella) è il “parsuto da bacaro” per eccellenza. Spiccata tendenza dolce e caratteristica fragranza vogliono un bianco fresco e sulla vena, poco alcolico, che pulisce con garbo sale e grasso.
Prosciutto Carsico
Colli Orientali del Friuli Bianco Poiesis 2000 // Filiputti - Manzano (Udine)
Alimenta un consumo quasi esclusivamente locale, nell’area carsica che da Monrupino si estende a cavallo del confine tra Italia e Slovenia. Tra i coadiuvanti di lavorazione è caratteristica la paprica dolce. Dal poliedrico Filiputti, un bianco che nel nome allude al “fare” intellettuale, emozionale, non pragmatico. Colto al suo apice evolutivo, è morbido e prestante, raffinato intarsio di suggestioni fruttate e spunti minerali.
Prosciutto d’Oca
Sauternes Castelnau de Suduiraut 2002 // Château Suduiraut - Preignac (Bordeaux)
A volte ritornano. L’oca, storicamente legata alla ruralità friulana, è di nuovo in auge e fioriscono nuovi allevamenti. L’ iter produttivo ricalca quello del maiale, con tempi abbreviati in considerazione della pezzatura molto minore. In compenso le fettine, larghe due dita, sono un concentrato di sapore. Grassezza e tendenza dolce si esaltano con il “second vin” del glorioso Château contiguo a Yquem, un trionfo di note burrose e tostate, canditi, zenzero e miele, riverberati al palato, stemperati da incalzante freschezza.
San Daniele
Colli Orientali del Friuli Bianco Lïende 2001 // La Viarte - Prepotto (Udine)
Rosso-rosato uniforme, sottilmente rigato di grasso candido, è fragrante, delicato, sapido e di marcata tendenza dolce, succulento e appagante. Più standardizzate le produzioni di Fiorucci e Dall’Ava, che da soli producono oltre il 60%, mentre la dimensione medio-piccola offre più varianti. Bianco di grande eleganza da grande annata, sagace taglio di Tocai e Pinot Bianco integrati da Sauvignon, Riesling e Ribolla Gialla, barrique cum grano salis. L’evoluzione gli dona splendido equilibrio e una punta di miele d’acacia.
Prosciutto di Sauris
Prosecco Superiore di Cartizze 2005 // Le Colture - S. Stefano Valdobbiadene (Treviso)
A Sauris (1.400 metri slm) si insediarono nel Basso Medioevo comunità germaniche e tirolesi che fusero le loro tradizioni con le genti carniche. L’affumicatura sapiente con faggio, ginepro e altre essenze lignee montane non pregiudica delicatezza, tendenza dolce e grasso del prosciutto locale. In gara di fragranza con un grande spumante dal buon corredo aromatico, fresco e sapido, elegante e gentile.
Prosciutto d’Osvaldo
Blanc Fumé de Pouilly Pur Sang 1999 // Didier Dagueneau - Saint Andelain (Nièvre)
Duemila pezzi che vanno a ruba. Perché i D’Osvaldo di Cormòns lavorano i campi e producono vino, stagionano i prosciutti negli stanzoni di casa, col fogolàr alimentato a sarmenti di vite, potature di ciliegi, alloro della loro terra, mentre una pentola in ebollizione con salvia, crescione e altre erbe del Collio mantiene la giusta umidità. Così si è fatto per generazioni, e così si fa anche oggi. Della stessa tempra è fatto Didier Dagueneau, che lavora i suoi vigneti con un cavallo per ricavarne i bianchi più estremi e senza tempo della Loira. Abbinamento folgorante, e del resto mito chiama mito.
Prosciutto Marco D’Oggiono
Breganze Merlot Brentino 1996 // Maculan - Breganze (Vicenza)
Siamo vicini all’hinterland milanese, con vista sulla tangenziale. La Brianza è uno strano luogo, devastato dalle ambizioni industriali, ma tenacemente attaccato a un’anima rurale che con la neonata provincia di Lecco ha ripreso vigore. Intitolato al genio pittorico locale, il redivivo prosciutto brianzolo è nell’elenco dei prodotti agroalimentari regionali. Lo sforzo in direzione della tipicità è evidente: farina di polenta per la stuccatura, sale marino da Santa Margherita di Savoia, tanto più è auspicabile un giro di vite sulla materia prima, che non esclude suini di provenienza estera. Sorprendente verve e tenuta ha rivelato il Brentino di Maculan, pepatino e beverino come un Bordeaux minore.
Prosciutto delle Nebbie
Matua Valley Chardonnay Gisborne 1999 // Judd Estate - Gisborne (New Zealand)
Prodotto da Corte dell’Oca a Mortara, località della Lomellina tra le più umide d’Italia, tra Parco del Ticino e risaie. Per la stagionatura, il clima più deleterio. La sfida è vinta utilizzando cosce giganti, non meno di 17 kg all’origine, e prolungando la stagionatura da 28 a 36 mesi. Da Gisborne, località a una ventina di chilometri da Auckland, uno Chardonnay “dell’altro mondo” che ha avuto tutto il tempo di integrare rovere e intensi toni fruttati esotici e agrumati. Nerbo acido ancora vitale e sapidità bilanciano a dovere tendenza dolce e grassezza del prosciutto.
Prosciutta Castelnovese
Alto Adige Pinot Grigio Sanct Valentin 2001 // San Michele Appiano - Appiano (Bolzano)
La “moglie felice” del prosciutto nasce in anni recenti a Castelnuovo Magra, sede dell’Enoteca pubblica della Lunigiana, su iniziativa del maestro salumaio Mirco Bertini. Inserita nell’elenco dei Prodotti Tipici, unisce la tradizione toscana del salato e la predilezione ligure per erbe aromatiche e spezie. Le cosce pulite, disossate e salate sotto peso sono oleate più volte, massaggiandole con extravergine e trito aromatico. In alternativa all’uso locale del rosso, bianco di superba struttura, morbidamente evoluto, ma tuttora innervato da robusta spalla acida.
Prosciutto di Parma
Champagne Brut Rosé Sauvage // Piper Heidsieck - Reims (Champagne)
Per definizione, il più socializzante dei prosciutti, a somiglianza del vino, già celebrato in tal senso nella poesia dialettale “Do ftèn ni äd pärsutt” (due fettine di prosciutto), di Renzo Pezzani. Allegro e festaiolo, il Rosé Sauvage è aristocratico ma dégagé e brioso, fragrante di lieviti e piccoli frutti rossi (la base nasce da un taglio di cinquanta diversi cru con vino rosso champenois). In sintesi, possiede molte delle migliori prerogative di un Lambrusco di ottima, anzi eccellente fattura.
Fiocco
Lambrusco Reggiano Corrigia Ruberrimum // Lini - Correggio (Reggio Emilia)
Tecnicamente un prosciutto, di fatto un gustoso ibrido tra salume e insaccato. In zone particolarmente umide dove il grasso irrancidirebbe, si asporta il muscolo magro e si insacca in budello suino, così da eliminare ogni problema in fase di stagionatura. Dalla parte posteriore si ricava il pregiato culatello (che rimandiamo ad altra trattazione), dalla parte anteriore il fiocco, segue identica lavorazione, ma essendo più piccolo è pronto in sette-otto mesi. Lambrusco “rossissimo”, prerogativa della tipologia Salamino, scorrevole ed equilibrato, dal produttore più affidabile del Reggiano. Nitido e aggraziato, manifesta con i salumi tipici speciali affinità elettive.
Prosciutto di Modena
Fortana del Bosco Eliceo 2005 // Fondo Marsiglia - Lido di Spina (Ferrara)
Tra rosa e rosso al taglio, caratteristicamente fragrante, all’assaggio è sapido ma non salato, bilanciato da tendenza dolce e moderata grassezza. Fortana frizzante da azienda agricola mista lungo la Romea, tra Pomposa e Ravenna. Naso di piccoli frutti rossi franco e vinoso, bocca fresca e sapida; spigliato e dissetante, reinterpreta modernamente i vini contadini alla Peppone e Don Camillo, è perfetto vino da merende a base di salumi.
Prosciutto di Carpegna
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana 2000 // Sartarelli - Poggio San Marcello (Ancona)
A distinguerlo di primo acchito da altri prosciutti, la forma pressata di grande pezzatura, la fetta salmonata orlata da un dito di lardo candido, la consistenza compatta; in bocca risulta armonico, ben bilanciato tra sapidità del magro e dolce fondente del grasso, di notevole persistenza gusto-olfattiva. Di pari armonia il bianco prescelto, in perfetto equilibrio tra potenza-grassezza glicerica e freschezza-sapidità minerale, impreziosito da note surmature di botrite.
Prosciutto del Montefeltro
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Tufico 1998 // Colonnara - Cupramontana (Ancona)
Il Montefeltro, terra di grandi traffici e scambi commerciali, è anche terra di norcini espertissimi. Il maiale si preparava in ogni casa, nell’apposita stanza a settentrione detta “alla serena”, e alcuni vecchi contadini ricordano i “cinturelli”, forse un incrocio tra Cinta Senese e Mora Romagnola. Splendidamente evoluta, la prima annata del Tufico rivela potenza, freschezza tuttora vitale e splendido carattere mellito e minerale, esemplare delle potenzialità di uno tra i migliori cru di Verdicchio.
Prosciutto Bazzone di Garfagnana
Vernaccia di San Gimignano Riserva 2001 // Il Palagetto - San Gimignano (Siena)
Dalla Lucchesia montana tra le Apuane e l’Appennino settentrionale un prosciutto inconfondibile per grande pezzatura e per la particolare rifilatura, che lascia una sporgenza simile a un mento prominente o bazza, da cui il nome. Bianco, che sia il più nobile e antico di Toscana; di buon corpo per sostenerne il sapore, fresco per compensarne grassezza e tendenza dolce, morbido per equilibrarne la sapidità.
Prosciutto Toscano
Chianti Classico 2003 // Vèscine - Radda in Chianti (Siena)
Protagonista del Cantamaggio dei cantori itineranti: “se ci date del buon vino, vi si canta per benino, se ci date un bel prosciutto vi si canta maggio tutto”. Più piccolo e tondeggiante del precedente, ha come prerogative salienti il buon equilibrio dolce-salato e l’aromaticità, conseguente all’impiego di essenze vegetali e bacche in fase di lavorazione. Si allevano semibradi ibridi con Cinta Senese. Da Radda in Chianti un rosso tradizionale di impeccabile fattura, da Sangiovese e Canaiolo. La vendemmia, particolarmente calda e morbida, segna l’acquisizione da parte dei Paladin di Bosco del Merlo.
Prosciutto del Casentino
Serisé 2004 // Cesani - San Gimignano (Siena)
Era quasi scomparso ed è tornato in auge per iniziativa imprenditoriale di allevatori e artigiani locali. I boschi forniscono ghiande, castagne e bacche selvatiche agli ibridi con Cinta e Mora Romagnola, oltre ad alloro, ginepro e altre essenze che alimentano i camini in fase di stagionatura. Marcatamente sapido e aromatico, chiede un rosso con profumi all’altezza, da solo Ciliegiolo, giustamente tannico e morbido abbastanza da stemperarne le impennate di sapore. Da Pàncole in Valdelsa, fortemente voluto da Letizia Cesani, appassionata viticoltrice.
Prosciutto del Pratomagno
Pomino Bianco Benefizio 2002 // Frescobaldi - Firenze
Anche qui abbondano boschi e macchia che ben si prestano ad allevamento semibrado, anche se la prossimità di Firenze e lo sviluppo industriale della Valdarno hanno ridotto di molto la produzione. Analogo al precedente, fa però capo a specifica località e comprensorio dove l’aria quasi alpestre favorisce una stagionatura ottimale. Massiccio, ricoperto di pepe, è decisamente sapido e profuma di pascolo montano. Da ammansire ed esaltare con uno Chardonnay dal ricco bagaglio di frutta esotica e agrumi, burroso e vanigliato, ben supportato da spiccata freschezza.
Prosciutto di Cinghiale
Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2001 // Boscarelli - Acquaviva di Montepulciano (Siena)
Azienda leader del settore è la Bossi e Turchi di Sinalunga, ma diversi artigiani si dedicano alla tipologia, utilizzando carni di esemplari cacciati, infinitamente preferibili all’importazione a basso costo da Romania e altri paesi dell’Est europeo. La carne, più magra del suino domestico, richiede tempi più ridotti di stagionatura. Si producono 60-70.000 pezzi, sia mondati che interi con pelo e codino, in aumento visto anche il proliferare dei capi che dà parecchio filo da torcere agli agricoltori. Nobile di gran lignaggio, di annata superba; grazie a calore e morbidezza avvolgenti, scanditi da tannini fondenti e cioccolatosi sosterrà senza vacillare l’impeto selvatico del cinghiale.
Prosciutto di Cinta Senese
Chianti Classico Riserva Querciolo 2000 // Podere La Cappella - San Donato in Poggio (Firenze)
Dop in arrivo, e non solo per il prosciutto, ma per tutti i salumi della ritrovata razza nera, caratteristicamente cinta alle spalle da una banda chiara. Lo zampino e la piccola dimensione, da 5 kg in su, lo rendono immediatamente riconoscibile. Se ne producono circa 10.000 pezzi, caratterizzati da sapore intenso, grasso relativamente abbondante ma tonico e compatto, a volte lieve affumicatura da focolare o stagionatura sotto cenere. Mora, violetta, ciliegia, spezie, mineralità, cuoio e note animali: l’ampiezza del rosso in abbinamento non vacilla, al contrario ne sostiene ed esalta l’intenso sapore.
Prosciutto di Sorano
Sovana Rosso Superiore 2005 // Sassotondo - Sovana (Grosseto)
È il prosciutto maremmano più noto, celebrato in apposita sagra di mezz’agosto, aromatico, semidolce, gentilmente sapido, rifinito con seconda sugnatura nera, ricca di pepe. Dal medesimo terroir, l’ultimo nato dell’azienda bio di Carla Benini e Edoardo Ventimiglia, sagace taglio di Sangiovese e Ciliegiolo con piccolo saldo ammorbidente di Merlot, suadente bouquet di mammola e marasca, pepatino, lievemente animale, quasi a fare il verso alla rusticità del prosciutto.
Prosciutto di Montefoscoli
Montecucco Rosso Marleo 2004 // Salustri - Poggio del Sasso (Grosseto)
Nel triangolo Valdera, Valdelsa e Volterrano, tra Pisa e Siena, sopravvive una forte ruralità. Piccole produzioni di salumi, in genere riservate all’autoconsumo. Al Prosciutto coi baccelli (fave) è dedicata apposita sagra primaverile di antica valenza propiziatoria. Rosso da azienda bio, gagliardo e sapido, da Sangiovese (vecchie vigne e clone particolare, orgogliosamente battezzato clone Salustri) con piccola quota di Ciliegiolo.
Prosciutto di Comunanza
Giardin Vecchio 2005 // Santa Cassella - Potenza Picena (Macerata)
Possibilmente da suino “di frattula”, cioè che sia stato nutrito nell’ultimo periodo a ghiande, erbe, cereali, integrati o meno con siero e latticello residuati dall’attività casearia. Ancora oggi in molte famiglie rurali del Piceno si fa “la pista” o salata, che qualche artigiano ha iniziato a praticare su scala più vasta a fini commerciali. Tra i più affidabili c’è Bruno Strada. Vendemmia tardiva di Sauvignon e Malvasia, aromatico e morbido al limite della percettibilità zuccherina, in grado di stemperare la spiccata sapidità e il fil di fumo del prosciutto.
Prosciutto d’Agnello
Colli Orientali del Friuli Merlot 2002 // Le Due Terre - Prepotto (Udine)
In un elenco di soli crudi, è l’unica eccezione cotta, presente in più regioni. Fra tutte la versione marchigiana di A&G Food detta “Il Sibillino” è la più vicina al crudo per compattezza e sapore, con attitudine all’affettatura manuale. Il grasso è quasi inesistente, si presta pertanto a ricevere un filo di extravergine, meglio se da cultivar locali come quello dell’azienda Velenosi. Rosso di carattere, robusto, riccamente fruttato con lieve latenza erbacea.
Prosciutto della Valnerina
Denazzano Rosato 2005 // Luigi Maffini - Castellabate (Salerno)
Tra Terni e Visso, la Valle oltrepassa Le Marmore e risale il corso del Velino, tra forre e boschi. Il soffio freddo dei Sibillini che ha preservato intatte le “Mummie di Ferentillo” è particolarmente adatto alla stagionatura dei salumi, qui marcatamente sapidi, da piccoli artigiani-macellai a dimensione familiare. Rosato da Aglianico, morbido e passante, strutturato senza parere, di ottima tenuta aromatica. Poche bottiglie che valgono la ricerca.
Prosciutto di Norcia
Colonna Labicum 2005 //Cardone Donati - Colonna (Roma)
Salata a secco con pepe e aglio, la coscia di suino pesante (in genere padano) è rifilata a squadro in modo da ottenere un taglio a pera. La stagionatura si protrae per sette-otto mesi in appositi stanzoni. Sapido ma non salato, rappresenta il prototipo del “montagna” appenninico. Bianco bio da Trebbiano e Malvasia, caldo, morbido e fresco, di esemplare nitidezza esecutiva e di bella persistenza, da piccola azienda emergente dell’Agro Romano.
Antico Norcia
Le Pergole Torte 1999 // Montevertine - Radda in Chianti (Siena)
Simile al precedente, ma quantità esigue (8-9.000 pezzi ) e criteri rigidamente artigianali; è immesso sul mercato non prima di due anni dall’inizio della lavorazione, e beneficia del vento di tramontana, una costante delle invernate di zona. Rispetto all’omologo industriale, maggior finezza e intensità gusto-olfattiva che include lieve fumé. Risponde a tono, col suo accento torbato, l’elegantissimo Montevertine, esaltante nel suo sviluppo progressivo, ritmato da tannini maturi di squisita fattura.
Prosciutto del Cicolano
Primo Angelo Ratto delle Sabine Rosso 2004 // Lorenzoni - Magliano Sabina (Rieti)
La zona, ricca di aree e in quota e di boschi, serba antiche tradizioni norcine favorite dalla prossimità della Salaria, l’antica via del sale romana che qui, oltre Rieti, conduce alla Valle del Salto. Piccole aziende a gestione familiare come Pasquini a Caporio ne assicurano la sopravvivenza. Rosso da varietà tradizionali, piacevole connubio di piccoli frutti e spezie, mediamente strutturato, con tannini docili. Un filo rustico, in pieno accordo col salume.
Prosciutto di Bassiano
Giacché 2003 // Casale Cento Corvi - Cerveteri (Roma)
La fascia calcarea dei Monti Lepini si addice al prosciutto. A Carpineto è tornato il maiale nero, ed è famoso il Cotto di Cori, lessato con fieno ed erbe aromatiche. Non è da meno il crudo della limitrofa Bassiano, da azienda familiare che lavora suini di almeno 160 kg con tempi di stagionatura dai 13 ai 15 mesi. Rosso “etrusco”, dagli intensi profumi di mirto, ciliegie selvatiche, macchia marina, cuoio, pepe rosso, generoso e morbido.
Prosciutto di Guarcino
Castelli Romani Rosso 2004 // San Marco - Frascati (Roma)
Ideale prosieguo dei Lepini è la fascia della Ciociaria che comprende Guarcino, a 650 metri di altitudine, crocevia tra due vallate. Il prosciutto è lavorato con una mistura di spezie e peperoncino, e stagiona in media 15 mesi. Rosso di stampo tradizionale, ma di esemplare esecuzione tecnica, caldo, fruttato e morbido quanto basta, da produttore noto ai più per Frascati e Igt monovarietali.
Prosciutto di Manzo Giudio
Ferentano Kasher 2005 // Falesco - Montecchio (Terni)
La coda della pezza bovina è salmistrata e pepata, tra maturazione sotto sale nel coccio (detta “cacerata”) e stagionatura vera e propria non si va oltre i due mesi per evitare eccessiva disidratazione. Se ne producono pochi quintali, tutti assorbiti dalla comunità ebraica dell’Urbe. Anche il vino sarà conforme alle prescrizioni religiose, manipolato quindi sotto stretto controllo rabbinico. Naso intenso di macedonia tropicale vanigliata, morbido, solidamente strutturato, stile impeccabile griffato Cotarella, da uve Roscetto.
Prosciutto di Rionero Sannitico
Bordeaux Supérieur 2000 // Château Thieuley - Creon-La Sauve (Bordeaux)
Prodotto anche nei comuni limitrofi di Ferrazzano e Ururi, dopo la salatura è lavato a caldo con vino e abbondante peperoncino, che ne accentuano la spiccata sapidità, in linea con i canoni tradizionali della semplice ma appetitosa gastronomia molisana. Rosso inconsueto dalla zona bianchista Entre-deux-Mers, il cui nome, dal desueto Tioulet (tegola) la dice lunga sull’elevato tenore in argilla del suolo, che al vino dà vigore e sapida concentrazione, temprandolo in vista della barrique.
Prosciutto di Basciano
Trebbiano d’Abruzzo 1995 // Illuminati - Controguerra (Teramo)
Un po’ ovunque in Abruzzo si producono prosciutti di buona qualità, ma questa località del Teramano celebra da quarant’anni apposita sagra, al suono del tipico organetto “du’bbotte”. Sapidità delle carni e l’impiego di aglio e peperoncino chiamano un vino di estrema morbidezza. Straordinario l’abbinamento con un Trebbiano di grande annata, al top dell’evoluzione, mellito e minerale, perfettamente integrato a note boisé da rovere grande di Slavonia.
Prosciutto di Pietraroja
Jerez Amontillado // Don Zoilo - Jerez
A 800 metri di altitudine, la località del Sannio è famosa per il ritrovamento del dinosauro Ciro, ora valorizzato da un parco geopaleontologico. Qui è ancora viva la “porculatio” degli antichi, ovvero l’arte di allevare i suini in vista della trasformazione in pregiati salumi. Da ibridi con razze locali, un prodotto dal sapore antico, di grande pezzatura, stagionato due anni in garza per evitare contaminazioni da polvere e insetti. Poche migliaia di pezzi, contesi dagli appassionati. Jerez “missing” per via del recente riassetto produttivo, ma ancora ampiamente reperibile. Ambrato, ampio ed etereo, si apre a finissimo rancio, mallo di noce, miele di castagno, cuoio, tabacco, salamoia. Formidabile allungo aromatico, atto a tener testa alla persistenza gusto-olfattiva del prosciutto.
Prosciutto di Ricigliano
Ribera del Duero Aliòn 1998 // Bodegas Aliòn - Padilla del Duero (Ribera del Duero)
Siamo nella comunità montana del Tanagro, e il paese, a 510 metri di altitudine, affaccia sulla gola nel cui alveo scorre il torrente Platano, tra boschi verdissimi tutto l’anno. Di fronte, il massiccio di Marzano, alto più di 1.500 metri, al confine tra provincia di Salerno e Basilicata. Naturale la vocazione alla lavorazione e stagionatura dei salumi, che hanno il pregio della materia prima locale e di una lavorazione tutta artigianale. Un Prosciutto simile si produce anche a Casaletto Spartano, nel Cilento, da razze locali alimentate con la “giotta”, pastone di avanzi domestici. In entrambi i casi, sapore, profumi e sapidità a mille, grasso bianco-roseo piuttosto abbondante. Entrambi reggono bene il confronto con un grande di Spagna prodotto invece in cantine high-tech in quantità industriali (350.000 bottiglie). Altissimo profilo, Oscar del Vino 2000, copiosamente fruttato e vanigliato, con tannini vellutati.
Prosciutto di Faeto
Spumante Brut Riserva Nobile 2002 // D’Araprì - San Severo (Foggia)
A Faeto, il comune più alto delle Puglie (870 m) si parla un curioso dialetto franco-provenzale. Il clima montano, in prossimità del torrente Celone, determina condizioni ottimali per la stagionatura del prosciutto, che qui è celebrato durante l’estiva “Fète de lu persutte”. Si usano ancora vecchi tini in legno per la salagione e, dopo il lavaggio con aceto, il riposo in stanzoni col camino. Merita segnalazione il prosciuttificio di Michelina d’Onofrio. Alle porte del Gargano si produce uno straordinario metodo classico, ampio, con sentori di biscotto e pasticceria, morbido e strutturato, sottilmente sapido.
Prosciutto Lucano
Offida Pecorino Colle Vecchio 2005 // Cocci Grifoni - Ripatransone (Ascoli Piceno)
Grazie alla tecnica del freddo, sono numerosi i salumifici in regione che oggi si dedicano al prosciutto; ma la culla storica è a Latronico, sulle Dolomiti Lucane, a 888 metri di altitudine. I maiali provengono dalla zona, alimentati con avanzi casalinghi e pascolo semibrado. Da vecchie vigne, un bianco solidamente strutturato, fresco, sapido e polposo, profumato di frutta estiva ed erbe campestri, agrumato e sapido in coda.
Prosciutto Silano
Alezio Rosato Mjère 2003 // Calò - Tuglie (Lecce)
Analogo al Prosciutto del Pollino, che ha il suo epicentro a San Lorenzo Bellizzi. Prodotto anche da razza locale Nero Calabrese, la stessa cui alludevano le Statistiche Murattiane del primo Ottocento: “l’industria dei neri è mantenuta dai villici anche i più miseri”. Rosato gravido di piccoli frutti, roselline selvatiche, macchia mediterranea, caldo ma fresco e succoso come un’arancia sanguinella, sapido senza eccessi.
Prosciutto dei Nebrodi
Valcanziria 2001 // Gulfi - Chiaramonte Gulfi (Ragusa)
Patadok è il nome commerciale più noto, siciliano quanto a materia prima (Nero dei Nebrodi, detto anche Perusinu, cioè perugino), friulano per il know-how e il processo di lavorazione. Operazione positiva, perché ha stimolato alcuni operatori locali al recupero di una tradizione norcina che nell’isola ha forti radici. Si utilizzano aglio, finocchio selvatico, origano e aceto per la salamoia, in fase di stagionatura anche peperoncino. In alcune produzioni destinate all’autoconsumo ancora si usa un’apposita madia. Bianco sapido e vigoroso da Chardonnay e Carricante impiantati a Chiaramonte Gulfi, località celebre per i salumi, evoluto, morbidamente avvolgente.
Prosciutto di Desulo
Vermentino di Gallura Superiore Canayli 2004 // Cantina Gallura - Tempio Pausania (Olbia Tempio)
La località, sul versante occidentale del Gennargentu, conserva intatte molte tradizioni del barbaricino Mandrolisai, inclusa la lavorazione domestica del prosciutto per autoconsumo. Il Salumificio Desulese è il primo tentativo di sfruttare commercialmente tale risorsa. Qualcosa della tipicità, inevitabilmente, si perde, ma ne risulta un prodotto fragrante e delicato, giustamente sapido, rosa-rosso uniforme al taglio, orlato di grasso candido. Vermentino di buon corpo, con profumi evoluti, melliti e minerali al punto da ricordare un Riesling alsaziano, sapido, di impeccabile tenuta aromatica.
Prosciutto di Pecora
Bairrada Reserva 1994 // Aliança - Bairrada (Beiras)
Un tempo piuttosto diffuso anche al Nord (Valtellina, Bellunese, Appennino Reggiano), è stato di recente inserito nell’Albo Regionale dei 30 prodotti sardi d’eccellenza, anticamera della Dop. Prodotto dal salumificio artigianale La Genuina (non solo impresa commerciale, ma anche laboratorio didattico sperimentale, in sinergia con l’Università di Sassari), si presenta di piccola pezzatura, di colore rosso scuro, sapido, delicatamente affumicato (si utilizzano lentischio, mirto e altre essenze vegetali isolane). Dal Portogallo, da uve Baga e Castelao, un tinto molto evoluto che evoca ciliegia e sentori mediterranei di macchia marina, carruba ed eucalipto, morbido, con tannini fondenti e cenni surmaturi da Porto Tawny.