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La valutazione della qualità di un vino è una questione non del tutto scontata. Ci sono in commercio
4 o 5 guide annuali dei vini italiani con recensioni e valutazioni, con punteggi espressi in centesimi ,
ventesimi, grappoli, bicchieri, stelle ed altri elementi simbolici. Poi ci sono le riviste specializzate
pubblicate in varie lingue, i siti web, i forum di discussione etc. Tutte queste guide, giudicano
bottiglia bottiglia, attribuendo ad esse un punteggio. Questo influenza il valore di mercato e la
richiesta stessa che quel vino avrà. Ecco i vini civetta, quelli costruiti per le degustazioni, le poche
bottiglie alla moda che i produttori propongono, perché l'alto rating di queste si trasmetta all'immagine complessiva del resto della produzione. Avere una guida giudicata autorevole
costituisce dunque un buon affare per l'editore, ecco la guerra a conquistare credibilità e
autorevolezza nel discriminare la qualità. In questa situazione, per trovare spazio in un mercato
infittito, si fa riferimento a più modelli della qualità. Non c'è più una qualità assoluta riconoscibile e
condivisibile, nel mercato delle opinioni ci sono più verità e più modelli della qualità. Di seguito
riportiamo ad esempio le dichiarazioni di come due realtà diverse hanno costruito il loro modello
interpretativo della qualità dei vini. Sono soltanto due esempi sui quali riflettere, per poi farsi una
propria opinione.


Esame olfattivo

Si svolge in due fasi distinte. Prima di tutto avviciniamo il bicchiere al naso senza agitare il vino. Questo ci permette di valutare l’intensità dei profumi: un vino dai profumi intensi comincerà a farsi sentire quando il bicchiere è ancora a una certa distanza. Se dobbiamo tuffare il naso oltre il bordo del bicchiere, abbiamo sicuramente un vino dai profumi poco intensi. Attenzione però a non scam- biare la quantità per qualità.


Una buona intensità è desiderabile, ma molti grandi vini si distinguono più per l’eleganza che per la forza dei loro profumi. L’esame “da fermo” ci permette anche di sentire eventuali difetti, come il sentore di tappo. Poi muoviamo il bicchiere imprimendo una leggera rotazione al vino. Grazie all’arieggiamento della rotazione si sprigiona quello che gli esperti chiamano il “bouquet” del vino. Tutti i vini, di qualsiasi prezzo, dovrebbero sempre avere un profumo piacevole e “pulito”, senza odori sgradevoli. Mentre in un vino da tutti i giorni ci aspetteremo però di sentire un profumo sempli- ce, con poche sfumature, da un grande vino esigiamo un bouquet complesso che spazi attraverso varie categorie di profumi, dal floreale al fruttato allo speziato e così via. Da un vino importante, magari invecchiato, ci aspetteremo anche che abbia una sensibile evoluzione nel bicchiere, cioè che la composizione dei profumi cambi se lo lasciamo qualche minuto nel bicchiere.

Assaggio

Il vino è fatto per essere bevuto e le sensazioni che ci dà in bocca sono le più importanti e anche le più complesse, dato che coinvolgono più sensi. Infatti la lingua è anche molto sensibile al tatto. È questo che, oltre alle sensazioni che riguardano la temperatura del vino, ci fa sentire l’astringenza del tannino dei vini rossi, la corposità del vino, il gradevole “solletico” delle bollicine e anche la sensazione simile al calore data dall’alcol. Nelle sensazioni che il vino ci dà in bocca, torna a essere determinante l’olfatto.

Sensazioni finali

Dopo che il vino è stato deglutito, cosa che è sempre meglio fare anche in una degustazione, ci rimangono da valutare due aspetti: la persistenza e il retrogusto, chiamato anche finale di gu- sto. La persistenza è data dal tempo in cui ci rimangono in bocca le stesse sensazioni che sentivamo quando c’era il vino. Un vino semplice potrà avere una persistenza limitata a due o tre secondi. Da un grande vino ci aspettiamo che la sua “impronta” si conservi anche per dieci o quindici secondi. Il retrogusto è la sensazione che rimane alla fine di tutto. Può anche non essere presente, ma se c’è dovrebbe, ovviamente, essere gradevole.



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