Funghi e tartufi
I funghi.
I funghi sono organismi privi di clorofilla e quindi non possono utilizzare la luce del sole per sintetizzare le sostanze nutritive a loro necessarie. Il corpo fruttifero, ovvero la parte visibile del fungo, è formato da un lunghissimo intreccio di filamenti chiamati micelio che vive in un substrato nutriente. Il micelio dei porcini e degli ovoli vive in simbiosi con piante verdi: i filamenti avvolgono i peli radicali della pianta formando piccole masse attraverso le quali il fungo assorbe sostanze che non è in grado di sintetizzare. I chiodini invece sono funghi delle Agaricacee, famiglia di funghi formati da migliaia di specie fra cui diverse velenose. I prataioli e le mazze di tamburo sono saprofiti, ovvero vivono a spese di sostanze organiche in decomposizione, crescendo spesso con un micelio superficiale immerso tra il fogliame e non nel terreno.
La pulizia dei funghi.
Si elimina il piede del gambo – spesso invaso da parassiti – e si tolgono le tracce più grossolane di terra, poi lo si spazzola senza acqua per eliminare ogni residuo di terriccio. La cuticola del cappello, i tuboli e le lamelle racchiudono la maggior parte delle sostanze responsabili degli aromi e del gusto, quindi non devono essere eliminati. Il gambo deve essere eliminato solo se legnoso o troppo fibroso. Una volta puliti, i funghi vanno lavati passandoli rapidamente sotto l’acqua corrente,
ma se il fungo è molto spugnoso occorre passarlo solo con un panno umido. A questo punto si può separare i cappelli – da riservare alle preparazioni più importanti - dai gambi – più adatti ai risotti.
Conservazione dei funghi.
Una precottura immediata può interrompere il processo di alterazione dei funghi, a meno che non si intenda consumarli crudi, fritti o alla griglia. Dopo averli tagliati nel formato desiderato occorre mettere i funghi in un tegame basso a freddo con sale e olio extravergine di oliva, poi a fiamma alta si lascia che emettano la propria acqua che si farà evaporare al 50% al fuoco lento. A questo punto si possono togliere dal fuoco e mettere in frigorifero, dove si conserveranno intatti per almeno una settimana. I funghi non vanno mai congelati crudi ma solo precotti e si conservano per circa tre mesi, ma si prestano benissimo sia all’essiccazione che alla conservazione sott’olio.
Cottura dei funghi e vini.
Dal punto di vista gastronomico i funghi possono essere suddivisi in due gruppi: quelli spontanei e quelli coltivati.
I primi possono essere consumati sia crudi sia cotti: i porcini, gli ovoli, le lingue di bue, gli champignons e le mazze di tamburo sono ottimi da consumare crudi in insalata. Tutti gli altri devono essere cotti per migliorarne il sapore, per renderli più morbidi o per eliminare eventuali elementi tossici.
I funghi coltivati sono prevalentemente di due varietà: i prataioli(comunemente noti come champignons) e le orecchiette. I primi possono essere consumati anche crudi, mentre le orecchiette vanno consumate solo cotte. In cucina il fungo può essere utilizzato come base di piatti autonomi e contorni o come condimento di altri elementi (in questo caso si preferiscono i funghi essiccati). L’abbinamento con il vino deve tenere conto della loro percezione dolce unita ad una limitata succosità e aromaticità, nonché delle varie tecniche di cottura.
Funghi crudi – di solito vengono conditi con olio e limone, prezzemolo ed altre erbe aromatiche e questo determina una percezione dolce, aromatica, oleosità e acidità. Si dovrà quindi scegliere un vino bianco di medio corpo, morbido e fresco di acidità e con un bouquet dalle note aromatiche di erbe, vegetali e frutta fresca come il Trentino Pinot Grigio, l’Albana di Romagna Secco o il Fiano di Avellino.
Funghi trifolati – è il metodo più tipico di cottura dei funghi con olio extravergine di oliva, aglio e prezzemolo. Le principali sensazioni gusto-olfattive di succosità, percezione dolce, aromaticità e leggera oleosità richiederanno un vino bianco secco di buona struttura, morbido, fresco e fragrante e con un bouquet abbastanza evoluto e intenso con aromi dalle note di frutta matura e di spezie dolci
come ilCollio Chardonnay, il Cervaro della Sala o il Greco di Tufo. Oppure un vino rosso di corpo pieno e morbido, di buona freschezza e moderata tannicità e con un bouquet leggermente vinoso caratterizzato da aromi di frutta rossa e spezie dolci come il TrentinoCabernet, il Rosso Conero o il Verbicaro Rosso.
Funghi alla griglia – questo tipo di cottura è principalmente riservata alle cappelle dei porcini e danno ai funghi un sapore piuttosto deciso e intenso, con particolare riferimento alla sensazione alla sensazione aromatico-speziata, alla succosità e alla percezione dolce, oltre a una leggerissima oleosità. Il vino sarà quindi un rosso giovane e di buon corpo, molto fresco di acidità, morbido e moderatamente tannico e con un bouquet dagli aromi di frutta rossa fresca e di spezie dolci come il Dolcetto d’Alba, il Colli Berici Cabernet o ilCannonau di Sardegna.
Ci sono abbinamenti vino-cibo elementari, altri invece un po’ meno scontati. Quasi tutti infatti accostano vino rosso con la carne e vino bianco con il pesce ma cosa bere ad esempio con i funghi?
Questi ultimi infatti sono molto presente nella dieta mediterranea. Va premesso in primis che i funghi, nonostante il retrogusto dolce, non hanno sapidità, ma hanno comunque un aroma particolare ben percepibile. Ecco la prima regola è proprio che il vino non deve mai sovrastare questo aroma coprendolo. Ovviamente questo vale in linea generale ma per trovare l’abbinamento giusto bisogna anche analizzare il tipo di fungo considerato.
Ad esempio l’amanita cesarea (nota anche comunemente come l’ovulo bianco) si caratterizza per un aroma e un profumo deciso. Solitamente si mangia a crudo, condito con un filo d’olio. In questo caso si sposa alla perfezione con un savignon blanc. Stesso discorso per i chiodini. I Finferli, o galletto o garitula sono invece i classici funghi usati per la zuppa. Visto che spesso nella ricetta si usa il burro, un Pinot Nero riesce a compensare untuosità e grassezza.
I funghi più versatili sono i Porcini: questi infatti si mangiano crudi o cotti in diversi modi. Nel primo caso si può abbinare un Cabernet Blanc mentre con risotti ai funghi o pasta si consiglia uno Chardonnay di media struttura. Se si tratta di un risotto molto mantecato l’abbinamento perfetto è con le bollicine: si a Champagne o Franciacorta. In via generale non sono idonei vini con molti tannini che, uniti ai funghi, conferiscono un sapore al limite del rancido.
Chiudiamo con i tartufi: un abbinamento non facile visto che il tartufo, a differenza degli altri ingredienti, non ha un suo sapore specifico ma muta di continuo in base alla ricetta. Un errore comune, forse dettato dal campanilismo di chi mangia il tartufo in Langa, è quello di abbinare Barolo o Barbaresco: questi vini sono infatti troppo imponenti e sovrastano le componenti aromatiche delicate del tartufo. Meglio quindi optare per bianco, preferibilmente ottenuto da vitigni aromatici.
I tartufi.
Si tratta di funghi ipogei (sotterranei) che vivono in simbiosi con vari tipi di piante d’alto fusto e si presentano con un corpo globoso costituito da una massa carnosa, detta gleba, rivestita da una corteccia esterna, detto peridio, di aspetto liscio e verrucoso. Il tartufo ha l’odore di un bosco in autunno, quando le foglie degli alberi cambiano colore e qualcuno in lontananza sta bruciando quelle cadute, ed è in grado di riempire ed impressionare fortemente sia il naso che la bocca. La qualità ed il prezzo del tartufo variano a seconda delle tipologie:
Tuber magnatum pico – detto anche "bianco pregiato", dal profumo molto accentuato e dal sapore leggermente piccante, è diffuso nelle Langhe, in Monferrato, in Toscana e nelle Marche;
Tuber melanosporum – detto anche "nero pregiato", ha un profumo aromatico non troppo pungente e sapore delicato ed è diffuso in Piemonte, Veneto e nell’Appennino centrale;
Tuber albidum pico – detto anche "bianchetto" o "marzuolo", viene ricercato in inverno e primavera e ha un profumo penetrante che ricorda l’aglio e un sapore non a tutti gradito che lo rende piuttosto indigesto anche se cotto;
Tuber aestivum – detto anche "scorzone" o "nero d’estate", viene raccolto tra maggio e agosto, ha un profumo assai delicato e un sapore che ricorda quello dei funghi porcini;
Tuber uncinatum – detto anche "scorzone invernale" o "uncinato", si raccoglie in inverno e ha sapore e aroma più marcati e gradevoli della varietà aestivum;
Tuber macrosporum – detto anche "nero liscio", viene raccolto in tardo autunno e ha un profumo simile al bianco pregiato e sapore gradevole; Tuber mesentericum – detto anche "nero ordinario", viene raccolto in autunno e ha un profumo caratteristico di fenoli e sapore leggermente amarognolo;
Tumer brumale – detto anche "nero d’inverno", ha un aroma intenso e gradevole ma sapore non molto delicato.
Il tartufo si consuma crudo, tagliato a lamelle su piatti piuttosto semplici, come le uova al burro, la polenta, la carne cruda che devono solo supportare l’aroma e il sapore di questo magnifico prodotto. Il tartufo è anche utilizzato per aromatizzare olio, patè, galantine, salumi e formaggi, però il modo migliore per gustarlo è su un piatto semplice come i tajarin, i tipici tagliolini all’uovo della cucina delle Langhe. Le intensissime e stimolanti note aromaticho-agliacee emanate dal tartufo bianco su un semplice piatto di tajarin conditi con burro fuso, unitamente a spiccate sensazioni di percezione dolce e leggera grassezza, richiedono l’abbinamento con un vino rosso giovane di medio corpo, morbido, poco tannico e soprattutto fresco di acidità e con un bouquet dagli aromi intensi di frutta rossa fresca e dalle evidenti note di lampone, nonché aromi floreali con note di violetta come il Dolcetto d’Alba.
I funghi.
I funghi sono organismi privi di clorofilla e quindi non possono utilizzare la luce del sole per sintetizzare le sostanze nutritive a loro necessarie. Il corpo fruttifero, ovvero la parte visibile del fungo, è formato da un lunghissimo intreccio di filamenti chiamati micelio che vive in un substrato nutriente. Il micelio dei porcini e degli ovoli vive in simbiosi con piante verdi: i filamenti avvolgono i peli radicali della pianta formando piccole masse attraverso le quali il fungo assorbe sostanze che non è in grado di sintetizzare. I chiodini invece sono funghi delle Agaricacee, famiglia di funghi formati da migliaia di specie fra cui diverse velenose. I prataioli e le mazze di tamburo sono saprofiti, ovvero vivono a spese di sostanze organiche in decomposizione, crescendo spesso con un micelio superficiale immerso tra il fogliame e non nel terreno.
La pulizia dei funghi.
Si elimina il piede del gambo – spesso invaso da parassiti – e si tolgono le tracce più grossolane di terra, poi lo si spazzola senza acqua per eliminare ogni residuo di terriccio. La cuticola del cappello, i tuboli e le lamelle racchiudono la maggior parte delle sostanze responsabili degli aromi e del gusto, quindi non devono essere eliminati. Il gambo deve essere eliminato solo se legnoso o troppo fibroso. Una volta puliti, i funghi vanno lavati passandoli rapidamente sotto l’acqua corrente,
ma se il fungo è molto spugnoso occorre passarlo solo con un panno umido. A questo punto si può separare i cappelli – da riservare alle preparazioni più importanti - dai gambi – più adatti ai risotti.
Conservazione dei funghi.
Una precottura immediata può interrompere il processo di alterazione dei funghi, a meno che non si intenda consumarli crudi, fritti o alla griglia. Dopo averli tagliati nel formato desiderato occorre mettere i funghi in un tegame basso a freddo con sale e olio extravergine di oliva, poi a fiamma alta si lascia che emettano la propria acqua che si farà evaporare al 50% al fuoco lento. A questo punto si possono togliere dal fuoco e mettere in frigorifero, dove si conserveranno intatti per almeno una settimana. I funghi non vanno mai congelati crudi ma solo precotti e si conservano per circa tre mesi, ma si prestano benissimo sia all’essiccazione che alla conservazione sott’olio.
Cottura dei funghi e vini.
Dal punto di vista gastronomico i funghi possono essere suddivisi in due gruppi: quelli spontanei e quelli coltivati.
I primi possono essere consumati sia crudi sia cotti: i porcini, gli ovoli, le lingue di bue, gli champignons e le mazze di tamburo sono ottimi da consumare crudi in insalata. Tutti gli altri devono essere cotti per migliorarne il sapore, per renderli più morbidi o per eliminare eventuali elementi tossici.
I funghi coltivati sono prevalentemente di due varietà: i prataioli(comunemente noti come champignons) e le orecchiette. I primi possono essere consumati anche crudi, mentre le orecchiette vanno consumate solo cotte. In cucina il fungo può essere utilizzato come base di piatti autonomi e contorni o come condimento di altri elementi (in questo caso si preferiscono i funghi essiccati). L’abbinamento con il vino deve tenere conto della loro percezione dolce unita ad una limitata succosità e aromaticità, nonché delle varie tecniche di cottura.
Funghi crudi – di solito vengono conditi con olio e limone, prezzemolo ed altre erbe aromatiche e questo determina una percezione dolce, aromatica, oleosità e acidità. Si dovrà quindi scegliere un vino bianco di medio corpo, morbido e fresco di acidità e con un bouquet dalle note aromatiche di erbe, vegetali e frutta fresca come il Trentino Pinot Grigio, l’Albana di Romagna Secco o il Fiano di Avellino.
Funghi trifolati – è il metodo più tipico di cottura dei funghi con olio extravergine di oliva, aglio e prezzemolo. Le principali sensazioni gusto-olfattive di succosità, percezione dolce, aromaticità e leggera oleosità richiederanno un vino bianco secco di buona struttura, morbido, fresco e fragrante e con un bouquet abbastanza evoluto e intenso con aromi dalle note di frutta matura e di spezie dolci
come ilCollio Chardonnay, il Cervaro della Sala o il Greco di Tufo. Oppure un vino rosso di corpo pieno e morbido, di buona freschezza e moderata tannicità e con un bouquet leggermente vinoso caratterizzato da aromi di frutta rossa e spezie dolci come il TrentinoCabernet, il Rosso Conero o il Verbicaro Rosso.
Funghi alla griglia – questo tipo di cottura è principalmente riservata alle cappelle dei porcini e danno ai funghi un sapore piuttosto deciso e intenso, con particolare riferimento alla sensazione alla sensazione aromatico-speziata, alla succosità e alla percezione dolce, oltre a una leggerissima oleosità. Il vino sarà quindi un rosso giovane e di buon corpo, molto fresco di acidità, morbido e moderatamente tannico e con un bouquet dagli aromi di frutta rossa fresca e di spezie dolci come il Dolcetto d’Alba, il Colli Berici Cabernet o ilCannonau di Sardegna.
Ci sono abbinamenti vino-cibo elementari, altri invece un po’ meno scontati. Quasi tutti infatti accostano vino rosso con la carne e vino bianco con il pesce ma cosa bere ad esempio con i funghi?
Questi ultimi infatti sono molto presente nella dieta mediterranea. Va premesso in primis che i funghi, nonostante il retrogusto dolce, non hanno sapidità, ma hanno comunque un aroma particolare ben percepibile. Ecco la prima regola è proprio che il vino non deve mai sovrastare questo aroma coprendolo. Ovviamente questo vale in linea generale ma per trovare l’abbinamento giusto bisogna anche analizzare il tipo di fungo considerato.
Ad esempio l’amanita cesarea (nota anche comunemente come l’ovulo bianco) si caratterizza per un aroma e un profumo deciso. Solitamente si mangia a crudo, condito con un filo d’olio. In questo caso si sposa alla perfezione con un savignon blanc. Stesso discorso per i chiodini. I Finferli, o galletto o garitula sono invece i classici funghi usati per la zuppa. Visto che spesso nella ricetta si usa il burro, un Pinot Nero riesce a compensare untuosità e grassezza.
I funghi più versatili sono i Porcini: questi infatti si mangiano crudi o cotti in diversi modi. Nel primo caso si può abbinare un Cabernet Blanc mentre con risotti ai funghi o pasta si consiglia uno Chardonnay di media struttura. Se si tratta di un risotto molto mantecato l’abbinamento perfetto è con le bollicine: si a Champagne o Franciacorta. In via generale non sono idonei vini con molti tannini che, uniti ai funghi, conferiscono un sapore al limite del rancido.
Chiudiamo con i tartufi: un abbinamento non facile visto che il tartufo, a differenza degli altri ingredienti, non ha un suo sapore specifico ma muta di continuo in base alla ricetta. Un errore comune, forse dettato dal campanilismo di chi mangia il tartufo in Langa, è quello di abbinare Barolo o Barbaresco: questi vini sono infatti troppo imponenti e sovrastano le componenti aromatiche delicate del tartufo. Meglio quindi optare per bianco, preferibilmente ottenuto da vitigni aromatici.
I tartufi.
Si tratta di funghi ipogei (sotterranei) che vivono in simbiosi con vari tipi di piante d’alto fusto e si presentano con un corpo globoso costituito da una massa carnosa, detta gleba, rivestita da una corteccia esterna, detto peridio, di aspetto liscio e verrucoso. Il tartufo ha l’odore di un bosco in autunno, quando le foglie degli alberi cambiano colore e qualcuno in lontananza sta bruciando quelle cadute, ed è in grado di riempire ed impressionare fortemente sia il naso che la bocca. La qualità ed il prezzo del tartufo variano a seconda delle tipologie:
Tuber magnatum pico – detto anche "bianco pregiato", dal profumo molto accentuato e dal sapore leggermente piccante, è diffuso nelle Langhe, in Monferrato, in Toscana e nelle Marche;
Tuber melanosporum – detto anche "nero pregiato", ha un profumo aromatico non troppo pungente e sapore delicato ed è diffuso in Piemonte, Veneto e nell’Appennino centrale;
Tuber albidum pico – detto anche "bianchetto" o "marzuolo", viene ricercato in inverno e primavera e ha un profumo penetrante che ricorda l’aglio e un sapore non a tutti gradito che lo rende piuttosto indigesto anche se cotto;
Tuber aestivum – detto anche "scorzone" o "nero d’estate", viene raccolto tra maggio e agosto, ha un profumo assai delicato e un sapore che ricorda quello dei funghi porcini;
Tuber uncinatum – detto anche "scorzone invernale" o "uncinato", si raccoglie in inverno e ha sapore e aroma più marcati e gradevoli della varietà aestivum;
Tuber macrosporum – detto anche "nero liscio", viene raccolto in tardo autunno e ha un profumo simile al bianco pregiato e sapore gradevole; Tuber mesentericum – detto anche "nero ordinario", viene raccolto in autunno e ha un profumo caratteristico di fenoli e sapore leggermente amarognolo;
Tumer brumale – detto anche "nero d’inverno", ha un aroma intenso e gradevole ma sapore non molto delicato.
Il tartufo si consuma crudo, tagliato a lamelle su piatti piuttosto semplici, come le uova al burro, la polenta, la carne cruda che devono solo supportare l’aroma e il sapore di questo magnifico prodotto. Il tartufo è anche utilizzato per aromatizzare olio, patè, galantine, salumi e formaggi, però il modo migliore per gustarlo è su un piatto semplice come i tajarin, i tipici tagliolini all’uovo della cucina delle Langhe. Le intensissime e stimolanti note aromaticho-agliacee emanate dal tartufo bianco su un semplice piatto di tajarin conditi con burro fuso, unitamente a spiccate sensazioni di percezione dolce e leggera grassezza, richiedono l’abbinamento con un vino rosso giovane di medio corpo, morbido, poco tannico e soprattutto fresco di acidità e con un bouquet dagli aromi intensi di frutta rossa fresca e dalle evidenti note di lampone, nonché aromi floreali con note di violetta come il Dolcetto d’Alba.