Il mondo degli "icon wines" è formato da una ventina di grandi Bordeaux, forse quaranta Borgogna, non più di dieci Champagne, qualche vino del Nuovo Mondo, due o tre spagnoli, diversi Beerenauslese e TBA di Mosella, qualche altro vino dolce sparso qua e là e i più importanti Port Vintage. Per l'Italia c'è qualche Barolo, due o tre Brunelli, i Langhe Nebbiolo di Gaja, il Sassicaia, l'Ornellaia ed il Masseto a Bolgheri, forse il Solaia, e faccio fatica a trovarne altri. Sia
chiaro, non si tratta dei vini che colloco io in quell'ambito, ma di quelli che riescono ad essere "battuti" alle aste internazionali, ottenendo quotazioni costantemente superiori ai 300 euro la bottiglia. Quelli preferiti dai
cosiddetti "big spenders" internazionali, insomma, e che hanno quotazioni piuttosto stabili su annate analoghe un po' in tutto il mondo. Poi che siano anche splendidi vini, che vorrei poter bere molto più frequentemente di quanto non possa permettermi, questo è altrettanto vero. Però, proprio per i prezzi che raggiungono, restano vini più teorici che altro per moltissimi appassionati, che magari fino a qualche anno fa potevano permetterseli, ma che ora, con l'entrata in scena dei miliardari orientali, raggiungono prezzi davvero proibitivi.
Allora credo che le prossime "icone" dovranno tener conto anche di questo, e cioè che un appassionato "normale" una volta ogni tanto potrà anche spendere 100 o 150 euro per una bottiglia, ma più di 300, per arrivare ad oltre mille per Bordeaux e Borgogna "top level" sarà molto difficile che possa sborsarli, almeno in Europa. Mi sono chiesto perciò quale potesse essere quella tipologia di vini che potesse coniugare un livello qualitativo altissimo con un prezzo compreso fra i 70 e i 150 euro la bottiglia. Il primo nome che mi è venuto in mente è Barolo. Dieci milioni e più di bottiglie prodotte, una miriade di piccoli produttori con stili anche diversi, un prezzo ancora oggi ragionevole per quel livello di qualità diffusa. Una buona capacità d'invecchiamento, che non fa male, ed una buona diffusione nei mercati che "contano", come Usa, Gran Bretagna e Giappone. Una grande vicinanza della zona di produzione con la Svizzera e con la Germania meridionale. Una gastronomia locale strepitosa, con tartufo bianco, formaggi, salumi, ortaggi e grandi ricette della cucina regionale. Una ristorazione in crescita esponenziale e un discreto livello di accoglienza alberghiera. Sembra di parlare della Borgogna, invece è la Langa, e in particolare quella che va da Verduno a Monforte, da La Morra a Serralunga, con Barolo, Castiglione Falletto, Novello, ed altri piccoli e deliziosi paesini immersi nei vigneti, nei mandorleti e nei boschi di pioppi.
Almeno una trentina di produttori/viticoltori semplicemente bravissimi, a
prescindere dallo stile enologico. Dinastie vere e proprie, come quelle storiche
dei Mascarello, dei Conterno, dei Pira, dei Giacosa, dei Rinaldi, dei Brezza,
grandi "maison" come Pio Cesare, Prunotto, Marchesi di Barolo, Borgogno e
Fontanafredda, Chiarlo, Vietti. Piccoli viticoltori di nuova generazione, come i
Grasso, i Voerzio, poi Altare, Clerico, Aldo Vajra, Scavino, Roddolo, Germano,
il "cunt" Cordero di Montezemolo. E tanti, tanti altri che mi scuso di non poter
menzionare per motivi di spazio, ma che formano un panorama sfaccettato e
ricchissimo, persino sottovalutato per il livello dei vini che propongono. Ho
provato a pensare ad altre possibili zone, in Italia, in Europa e nel Mondo. Non
mi sono venute in mente. Certo, sono italiano, ma proviamo ad analizzarle una
per una, dalla Rioja alla Vallée du Rhone, dalla Barriada a Montalcino, da
Central Otago all'Oregon, dalla Barossa al Chianti Classico. Non riesco a vedere
in nessuna di loro la varietà di aziende, il livello medio dei vini, la costanza
produttiva e l'aristocrazia "contadina" che si trovano nella zona del
Barolo.
chiaro, non si tratta dei vini che colloco io in quell'ambito, ma di quelli che riescono ad essere "battuti" alle aste internazionali, ottenendo quotazioni costantemente superiori ai 300 euro la bottiglia. Quelli preferiti dai
cosiddetti "big spenders" internazionali, insomma, e che hanno quotazioni piuttosto stabili su annate analoghe un po' in tutto il mondo. Poi che siano anche splendidi vini, che vorrei poter bere molto più frequentemente di quanto non possa permettermi, questo è altrettanto vero. Però, proprio per i prezzi che raggiungono, restano vini più teorici che altro per moltissimi appassionati, che magari fino a qualche anno fa potevano permetterseli, ma che ora, con l'entrata in scena dei miliardari orientali, raggiungono prezzi davvero proibitivi.
Allora credo che le prossime "icone" dovranno tener conto anche di questo, e cioè che un appassionato "normale" una volta ogni tanto potrà anche spendere 100 o 150 euro per una bottiglia, ma più di 300, per arrivare ad oltre mille per Bordeaux e Borgogna "top level" sarà molto difficile che possa sborsarli, almeno in Europa. Mi sono chiesto perciò quale potesse essere quella tipologia di vini che potesse coniugare un livello qualitativo altissimo con un prezzo compreso fra i 70 e i 150 euro la bottiglia. Il primo nome che mi è venuto in mente è Barolo. Dieci milioni e più di bottiglie prodotte, una miriade di piccoli produttori con stili anche diversi, un prezzo ancora oggi ragionevole per quel livello di qualità diffusa. Una buona capacità d'invecchiamento, che non fa male, ed una buona diffusione nei mercati che "contano", come Usa, Gran Bretagna e Giappone. Una grande vicinanza della zona di produzione con la Svizzera e con la Germania meridionale. Una gastronomia locale strepitosa, con tartufo bianco, formaggi, salumi, ortaggi e grandi ricette della cucina regionale. Una ristorazione in crescita esponenziale e un discreto livello di accoglienza alberghiera. Sembra di parlare della Borgogna, invece è la Langa, e in particolare quella che va da Verduno a Monforte, da La Morra a Serralunga, con Barolo, Castiglione Falletto, Novello, ed altri piccoli e deliziosi paesini immersi nei vigneti, nei mandorleti e nei boschi di pioppi.
Almeno una trentina di produttori/viticoltori semplicemente bravissimi, a
prescindere dallo stile enologico. Dinastie vere e proprie, come quelle storiche
dei Mascarello, dei Conterno, dei Pira, dei Giacosa, dei Rinaldi, dei Brezza,
grandi "maison" come Pio Cesare, Prunotto, Marchesi di Barolo, Borgogno e
Fontanafredda, Chiarlo, Vietti. Piccoli viticoltori di nuova generazione, come i
Grasso, i Voerzio, poi Altare, Clerico, Aldo Vajra, Scavino, Roddolo, Germano,
il "cunt" Cordero di Montezemolo. E tanti, tanti altri che mi scuso di non poter
menzionare per motivi di spazio, ma che formano un panorama sfaccettato e
ricchissimo, persino sottovalutato per il livello dei vini che propongono. Ho
provato a pensare ad altre possibili zone, in Italia, in Europa e nel Mondo. Non
mi sono venute in mente. Certo, sono italiano, ma proviamo ad analizzarle una
per una, dalla Rioja alla Vallée du Rhone, dalla Barriada a Montalcino, da
Central Otago all'Oregon, dalla Barossa al Chianti Classico. Non riesco a vedere
in nessuna di loro la varietà di aziende, il livello medio dei vini, la costanza
produttiva e l'aristocrazia "contadina" che si trovano nella zona del
Barolo.