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Perché Salvatore Geraci un po' snob lo è. Ma c'è anche un fatto pratico. Del vino rosso di cui stiamo per parlare se ne fanno davvero pochissime bottiglie. Poco più di mille bottiglie. Nessuna guida lo ha mai recensito. E anche di articoli che ne parlano ce ne sono pochissimi. Geraci preferisce non darlo. Ma è buonissimo. Per noi è la versione estrema di quello che puó fare il territorio del Faro, questa minuscola Doc il cui territorio coincide con quello di Messina. Vigneti su alte colline, brezza marina costante grazie allo Stretto, condizioni climatiche uniche, calde e piovose, terreno argilloso. Quella che si dice viticoltura eroica. Salvatore Geraci assieme al fratello Giampiero è il titolare di Palari, da cui nasce un Faro Doc osannato e corteggiato. In più ora ci si è messo pure il Rosso del Soprano, il loro petit vin a vincere premi e folgorare gli assaggiatori. Poi appunto c'è il Santa.Nè. Un rosso da uva autoctona: è la "francisa", probabilmente una derivazione genetica del petit verdot. Di altro non si sa ma tutto questo contribuisce a renderlo fascinoso.


Salvatore Geraci


Non è sempre facile coniugare grandi numeri ad uno standard qualitativo di altrettanto valore.

Quello che sicuramente i grandi numeri possono fare è di abbassare il prezzo di una bottiglia ad un livello accessibile a tutti. Così quando si legge che un bravo ed attento degustatore come Giampaolo Gravina dell'Espresso ha ritenuto di segnalare un rosso che al Carrefour viene venduto poco sotto i 5 euro c'è quasi da gridare al miracolo. Io ne ho acquistate diverse bottiglie continuando a riassaggiare il vino anche nei mesi successivi sottoponendolo ad una sorta di mini-test del tempo. Ed alla luce di queste prove molto confortanti vi posso garantire e confermare che sono stati soldi davvero spesi bene. Ecco le performance di questo Cirò Classico Superiore 2010 di Caparra&Siciliani.

Nonostante la curva evolutiva abbia, comunque, avuto, inevitabilmente, con il progressivo invecchiamento, un'accellerazione notevole il liquido ha mantenuto una sua integratà e quella giusta freschezza necessarie ad offrire sempre prestazioni organolettiche più che soddisfacenti. L'alcol vola basso a 12.5% ed è la prima cosa che si nota leggendo l'etichetta (un po' bruttina dal pdv estetico ma non si può avere tutto).

Il naso regala una discreta profondità di sensazioni che, pur senza toccare veri e propri abissi da esplorare, offre una complessità di tutto rispetto che spazia da un frutto croccante e maturo alle spezie passando attraverso lampi di inaspettata mineralità. Gioca (d'astuzia direi) con la volatile, leggermente sopra le righe, che nei primi minuti di olfazione si avverte ed aiuta a far respirare il vino, veicolando i profumi ed amplificandone l'impatto complessivo in termini d'intensità e persistenza. Frutta scura, china e caffè.

Al palato mostra estrema coerenza. Della gradazione ho già detto. L'acidità completa il quadro sostenendo e rinfrescando la beva. Il finale è saporito nonostante la chiusura, direi, repentina (qualche limite bisogna pur concederglielo). Un rosso che sarebbe, ad ogni modo, simpatico piazzare alla cieca in qualche degustazione con bottiglie molto più care di vini o denominazioni blasonate.

Caparra & Siciliani è una cooperativa che dal 1963, opera esclusivamente nella zona del Cirò lavorando le uve provenienti dalle uve delle vigne di proprietà dei soci (circa 213 ettari) sotto la supervisione attenta dell'enologo Fabrizio Ciufoli.









Salvatore Geraci ne parla con entusiasmo quando ricorda che Gino Veronelli lo definì un Bordeaux con l'anima mediterranea. Tra bontà e rarità berlo, insomma, è un piccolo evento. Ne abbiamo assaggiato il 2005: il tempo non riesce a definirlo, profondo e potente ha una mineralità e punte di salmastro davvero sorprendenti. Ci senti l'aria e la salsedine dello Stretto con un misto di terra bagnata, muschio, la trama elegante e fitta, stepitosamente lungo. Non serve aggiungere altro. Se lo trovate servono sessanta euro a bottiglia per una bevuta più unica che rara.


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